Come ben sapete l’ho ripetuto in lungo e largo qui sul blog in vari articoli e sui social, i fili di trazione utilizzati in passato, su di me non hanno mai dato i risultati sperati.
E dal momento che quando uscirono venivano proposti come una valida alternativa non chirurgica e mininvasiva al lifting (all’epoca credevo acriticamente a tutto quello che mi veniva raccontato), li provai immediatamente. Ed ero talmente convinta che potessero funzionare che, nonostante non vedessi il benchè minimo risultato, non mi limitai a provarne di un’unica tipologia, ma pensai bene di testarne ben quattro tipi differenti da medici diversi. Ma niente, con nessuno di essi riuscii ad apprezzare il risultato. A quel punto (un pò dura di comprendonio, ma alla fine ci sono arrivata) capii che probabilmente non era il trattamento adatto a me e decisi che con i fili avevo chiuso. Qualunque tipologia di filo mi avessero proposto successivamente, mi sarei rifiutata di inserirlo.
Quando infatti tempo fa il dott. Giovanni Salti me li propose per migliorare la lassità del collo e per ridefinire leggermente la linea mandibolare, feci un salto sulla sedia e dissi NO. E lui rispettò la mia decisione.
Ma ai nostri incontri successivi, in cui continuavo a lamentarmi della situazione del mio collo e della mandibola lui mi disse: “Tu i fili non vuoi assolutamente provarli, ma ti garantisco che è l’unico modo per non appesantire e liftare leggermente. Non ti prometto un risultato straordinario ed eclatante nè duraturo nel tempo, ma un miglioramento di almeno 6 mesi posso garantirtelo. Ne inserisco pochi, uno o due al massimo e sempre con una logica chirurgica e ottengo buoni risultati, se combinati ad altre metodiche che tu già esegui.” A quel punto, disarmata, accettai.
Vi racconto quindi la mia quinta esperienza con i fili di trazione. Non prima di raccontarvi cosa sono e a cosa servono i fili di trazione