Al ritorno da un congresso dove avevo sentito parlare di un nuovo biorivitalizzante a base di acido succinico che mi era sembrato molto interessante, ho cominciato ad informarmi su quali fossero i medici più vicini a me che avevano iniziato ad utilizzarlo, in modo tale da poterlo provare.
È così che sono venuta in contatto con la dottoressa Maria Gabriella Di Russo (www.mariagabrielladirusso.it ), la quale, oltre ad utilizzare il prodotto, aveva eseguito su di esso uno studio scientifico molto approfondito.
Conoscevo già la preparazione e l’estrema serietà della dottoressa, sia per aver letto numerosi suoi articoli su riviste specializzate e non, sia per avere ascoltato alcuni suoi interventi ai vari congressi ai quali ho partecipato. Sono andata quindi senza nessuna perplessità e ben contenta di poter fare la sua conoscenza direttamente.
In realtà, una volta nel suo studio, la dottoressa, analizzando la mia pelle, mi ha proposto di iniziare, non utilizzando subito il biorivitalizzante in questione, che mi ha garantito avremmo utilizzato in seguito e del quale vi racconterò in uno dei prossimi articoli, ma da un peeling, il PRX T33, prodotto da WiQO med (www.wiqo.com), di cui avevo letto moltissimo e che avrei voluto sperimentare da tempo, ma che poi per un motivo o per l’altro non ero mai riuscita a provare. Ho iniziato quindi un protocollo di trattamento che prevedeva un paio di sedute con il peeling e tre sedute successive con il biorivitalizzante.
Eccomi quindi a raccontarvi cosa è a cosa serve PRX-T33 ma soprattutto
Ma prima è opportuno ricordare cosa è a cosa serve un peeling (art Il PEELING ANTIETA’: 3 STEP STIMULATION PEEL DI OBAGI ).
Cosa s’intende per peeling
Il peeling chimico del volto, è un trattamento che, attraverso l’applicazione di una sostanza chimica sulla pelle, stimola la sua esfoliazione ( to peel in inglese significa sbucciare) ed il suo conseguente ricambio.
A cosa serve un peeling
Un peeling serve a:
- stimolare la rigenerazione cellulare rimuovendo ed esfoliando le cellule morte della pelle, provocando una vera e propria accelerazione del ricambio cellulare (turnover) che avviene già naturalmente nel derma,
- eliminare le cellule della pelle danneggiate e degenerate, che vengono sostituite da cellule epidermiche normali,
- produrre un’infiammazione che attiva la produzione di collagene ed elastina (rivitalizzazione e ringiovanimento del derma con formazione di collagene autologo).
Le varie tipologie di peeling
Le differenti tipologie di peeling chimici si dividono in base alla loro profondità d’azione (capacità penetrante) e si distinguono in:
- molto superficiali,
- superficiali,
- medi
- profondi.
La profondità d’azione del peeling dipende da vari fattori:
- il tipo di agente chimico (acido glicolico, mandelico, piruvico, cogico, salicilico, lattico, tricloracetico) utilizzato che può essere differente (acido glicolico, mandelico, piruvico, cogico, salicilico, lattico, tricloracetico ecc) a seconda dell’inestetismo da trattare,
- la concentrazione della sostanza utilizzata ,
- l’area cutanea su cui viene applicato,
- il tempo di posa,
- la modalità di esecuzione,
- il risultato che si vuole ottenere .
Ormai i peeling profondi non si effettuano quasi più. Erano molto dolorosi e comportavano tempi di recupero molto lunghi con rischi di infezioni e cicatrici. Sono stati soppiantati dalla tecnologia laser, più efficace e sicura.
I peeling e l’effetto “Frost”
Quando si eseguono peeling medio-profondi si determina spesso un effetto “frost”, che si manifesta con una patina bianca, simile alla brina, (da qui il termine “frost” che in inglese significa appunto brina) sulla pelle, che può essere più o meno intenso ed è indice della buona riuscita del trattamento. Infatti in questo modo ogni area che non sia stata adeguatamente trattata ed esfoliata viene facilmente individuata e si può ritrattare. Questo dà la garanzia di un effetto uniforme. Più il “frost” è bianco e compatto più il peeling è profondo.
Di fatto con il” frost” si ha una “bruciatura” localizzata e controllata, che in alcuni casi può avere come conseguenza la formazione di una crosta od ispessimento cutaneo di colore più scuro (la pelle nei giorni seguenti al trattamento appare come incartapecorita) in funzione della risposta cutanea alla sostanza chimica applicata.
Il “frost” si può formare in tempi brevissimi dopo l’applicazione del peeling ed è estremamente utile per il medico che deve valutare la risposta soggettiva del paziente e la “profondità” del trattamento.
L’importanza della fase di neutralizzazione
È bene sapere che in molti tipi di peeling e’ prevista una fase molto delicata detta di neutralizzazione (alcuni si auto-neutralizzano). Ossia l’acido deve essere reso inefficace, neutralizzato, con una soluzione tampone, dopo un determinato intervallo di tempo seguente alla sua applicazione. Questo comporta che lo stesso prodotto, a parità di concentrazione, possa dare oltre che risultati diversi anche reazioni avverse differenti, in funzione di quanto tempo il medico lo ha lasciato in posa prima attuare la neutralizzazione. Quindi diventa fondamentale che l’operatore sappia interpretare bene le reazioni dalla pelle e sappia individuare il momento ottimale in cui neutralizzare il peeling.
I Peeling composti e combinati
Attualmente in medicina estetica, piuttosto che utilizzare un’ unica sostanza, si preferisce utilizzare peeling ritenuti più efficaci che sfruttano l’azione sinergica di diverse sostanze e si dividono in:
- peelings composti come PRX-T33 in cui vengono associate più sostanze nello stesso prodotto
- peelings combinati, in cui differenti prodotti vengono applicati in sequenze successive.