A primavera la dottoressa Alessia Baroni, durante una diretta, ci raccontò di un protocollo minimamente invasivo, messo a punto da lei e finalizzato a migliorare la microrugosità e la qualità cutanea delle braccia. Il protocollo prevedeva la combinazione, nella stessa seduta di:
- un peeling per il corpo molto innovativo BioRePeelCL3 BODY distribuito dalla Merz Aesthetics
- il trattamento di carbossiterapia
Devo dire che, dopo avere ascoltato la diretta sarei stata molto curiosa di provare questo interessante protocollo (visto che le mia braccia attualmente rappresentano il mio tallone d’Achille), ma dal momento che, avevo già eseguito la prima seduta con l’acido polilattico proprio sulle braccia, non potevo mixare i trattamenti. Non avrebbe avuto senso e non sarei riuscita a capire la reale efficacia di entrambi.
Ho deciso quindi di ingaggiare mia sorella Francesca per farle testare questa combo. Ovviamente doveva esserci il benestare della dottoressa Baroni la quale avrebbe dovuto verificare se ci fosse l’indicazione per un trattamento di questo tipo.
La fortuna ha voluto che le braccia di Francesca fossero perfette per essere sottoposte a questo protocollo che ha iniziato prima dell’estate.
Ma come sempre, prima di raccontarvi qual è è stata l’esperienza di Francesca, voglio illustrarvi cosa è e cosa è e a cosa serve il peeling BioRePeelCl3® e perchè la dottoressa Baroni ha pensato di abbinarlo alla carbossiterapia.
Innanzitutto facciamo un ripasso e ricordiamo cosa è a cosa serve un peeling
Cosa è a cosa serve un peeling chimico
Il peeling chimico, è un trattamento che, attraverso l’applicazione di una sostanza chimica sulla pelle, stimola la sua esfoliazione (to peel in inglese significa sbucciare) ed il suo conseguente ricambio.
Un peeling serve a:
- stimolare la rigenerazione cellulare rimuovendo ed esfoliando le cellule morte della pelle, provocando una vera e propria accelerazione del ricambio cellulare (turnover) che avviene già naturalmente nel derma,
- eliminare le cellule della pelle danneggiate e degenerate, che vengono sostituite da cellule epidermiche normali,
- produrre un’infiammazione controllata che attiva la produzione di collagene ed elastina (rivitalizzazione e ringiovanimento del derma con formazione di collagene autologo),
- ridurre accumuli di pigmento depositato a livello epidermico, schiarendo le macchie.
Le varie tipologie di peeling
Le differenti tipologie di peeling chimici si dividono in base alla loro profondità d’azione (capacità penetrante) e si distinguono in:
- molto superficiali,
- superficiali o epidermici,
- medi o dermici,
- profondi.

Variabilità della profondità dei peeling.
La profondità d’azione del peeling dipende da vari fattori:
- il tipo di agente chimico (acido glicolico, mandelico, piruvico, cogico, salicilico, lattico, tricloracetico) utilizzato che può essere differente (acido glicolico, mandelico, piruvico, cogico, salicilico, lattico, tricloracetico ecc) a seconda dell’inestetismo da trattare,
- la concentrazione della sostanza utilizzata ,
- l’area cutanea su cui viene applicato,
- il tempo di posa,
- la modalità di esecuzione (pre-peeling, multipassaggio),
- il risultato che si vuole ottenere .
Ormai i peeling profondi non si effettuano quasi più. Erano molto dolorosi e comportavano tempi di recupero molto lunghi con rischi di infezioni e cicatrici. Sono stati soppiantati dalla tecnologia laser, più efficace e sicura.
I peeling e l’effetto “Frost”
Quando si eseguono peeling medio-profondi si determina spesso un effetto “frost”, che si manifesta con una patina bianca, simile alla brina, (da qui il termine “frost” che in inglese significa appunto brina) sulla pelle, che può essere più o meno intenso ed è indice della buona riuscita del trattamento. Infatti in questo modo ogni area che non sia stata adeguatamente trattata ed esfoliata viene facilmente individuata e si può ritrattare. Questo dà la garanzia di un effetto uniforme. Più il “frost” è bianco e compatto più il peeling è profondo.
Di fatto con il” frost” si ha una “bruciatura” localizzata e controllata, che in alcuni casi può avere come conseguenza la formazione di una crosta od ispessimento cutaneo di colore più scuro (la pelle nei giorni seguenti al trattamento appare come incartapecorita) in funzione della risposta cutanea alla sostanza chimica applicata.
Il “frost” si può formare in tempi brevissimi dopo l’applicazione del peeling ed è estremamente utile per il medico che deve valutare la risposta soggettiva del paziente e la “profondità” del trattamento.
L’importanza della fase di neutralizzazione
È bene sapere che in molti tipi di peeling e’ prevista una fase molto delicata detta di neutralizzazione (alcuni si auto-neutralizzano). Ossia l’acido deve essere reso inefficace, neutralizzato, con una soluzione tampone, dopo un determinato intervallo di tempo seguente alla sua applicazione. Questo comporta che lo stesso prodotto, a parità di concentrazione, possa dare oltre che risultati diversi anche reazioni avverse differenti, in funzione di quanto tempo il medico lo ha lasciato in posa prima attuare la neutralizzazione. Quindi diventa fondamentale che l’operatore sappia interpretare bene le reazioni dalla pelle e sappia individuare il momento ottimale in cui neutralizzare il peeling.
I Peeling composti e combinati
Attualmente in medicina estetica, piuttosto che utilizzare un’ unica sostanza, si preferisce utilizzare peeling ritenuti più efficaci che sfruttano l’azione sinergica di diverse sostanze e si dividono in:
- peelings composti come il BioRePeelCl3® in cui vengono associate più sostanze nello stesso prodotto
- peelings combinati, in cui differenti sostanze vengono applicate in sequenze successive.