Spesso in questo blog ho parlato dell’importanza fondamentale della protezione solare per mantenere la pelle in buona salute e prevenire l’invecchiamento ( vedi art. Operazione tintarella: qualche consiglio per abbronzarsi in modo correttoe Il sole amico delle donne)
Uno studio Effect of Sunscreen Application Under Maximal Use Conditions on Plasma Concentration of Sunscreen Active Ingredients: A Randomized Clinical Trial. di Matta MK et al., pubblicato a Maggio 2019, su JAMA dimostra che i filtri solari che applichiamo vengono immediatamente assorbiti dalla nostra pelle e già dopo qualche ora si trovano nel sangue.

Lo studio, commissionato dalla Food and Drug Administration (FDA), aveva lo scopo di sottoporre a valutazione tossicologica alcuni principi attivi presenti nelle protezioni solari per verificare in quale misura fossero assorbiti dall’organismo e di conseguenza dimostrare la loro eventuale tossicità.
Le quattro sostanze chimiche poste sotto osservazione sono:
- l’avobenzone,
- l’oxibenzone ( (benzophenone-3),
- l’ecamsule,
- l’octocrylene.
Il motivo di questo interesse da parte dell’FDA scaturisce dalla modalità con cui vengono attualmente utilizzate le creme protettive solari.
Se un tempo se ne raccomandava il loro impiego solo durante l’esposizione diretta ai raggi solari e quindi se ne faceva un utilizzo in minime quantità che non destava molta preoccupazione per un loro potenziale impatto sulla salute, oggi i dermatologi sono tutti concordi in un loro uso continuativo sia in estate (anche all’ombra e in assenza di sole) che inverno. E nei casi di esposizione diretta se ne raccomanda l’applicazione ogni due ore. Ecco perchè, spiega l’FDA “Dal momento che i filtri solari vengono ora utilizzati con maggiore frequenza, in quantità maggiori e da popolazioni più ampie, è più che mai importante assicurarsi che essi siano sicuri ed efficaci per l’uso quotidiano e per tutta la vita”.
Nello studio in questione sono stati arruolati 24 volontari sani ai quali è stato chiesto, in modo casuale, di applicare una crema solare contenete una delle quattro sostanze prima citate, sul 75% dei loro corpi, quattro volte al giorno per quattro giorni.


Da ciascun volontario sono stati prelevati 30 campioni di sangue nell’arco di sette giorni.
Delle sei persone che avevano applicato la crema con ecamsule, 5 avevano livelli nel sangue considerati statisticamente significativi alla fine del primo giorno. Per gli altri tre prodotti chimici, in particolare l’ossibenzone, tutti i volontari hanno mostrato livelli significativi dopo il primo giorno.
I dati hanno messo in evidenza che dopo un solo giorno di applicazione di una delle creme solari oggetto di studio, i volontari mostravano delle concentrazioni plasmatiche relative alle quattro sostanze chimiche presenti nei vari prodotti, superiori alla soglia stabilita dalla FDA come sicura e che questi valori si mantenevano elevati per almeno 24 ore dopo l’interruzione dell’uso del prodotto.
Delle quattro sostanze esaminate i valori più preoccupanti erano quelli relativi all’oxibenzone che è risultato avere un tasso di assorbimento particolarmente alto. Infatti, nel sangue la concentrazione di tale sostanza era di circa 50/100 volte superiore rispetto a quella riscontrata per gli altri tre prodotti chimici testati.
Infatti, sebbene tale sostanza svolga il suo “lavoro di protezione” in maniera molto efficace, sembra che esistano diversi pericoli connessi con il suo utilizzo.
È stato dimostrato infatti che l’oxybenzone:
- penetra nella cute e agisce come fotosensibilizzante. Ciò significa che con l’esposizione della pelle alla luce, si assiste a un aumento della produzione di radicali liberi,
- è un derivato del benzofenone, un elemento che può attaccare il DNA in presenza di luce, e recenti studi ritengono ci siano dei collegamenti tra l’aumento di casi di melanoma e questi ingredienti,
- può agire allo stesso modo degli ormoni estrogenici.
Senza contare il fatto che possono verificarsi reazioni più immediate, come infiammazioni, eczema o allergie in caso di pelli molto sensibili.
Uno studio di 10 anni infatti (Patch test reactions associated with sunscreen products and the importance of testing to an expanded series: retrospective analysis of North American Contact Dermatitis Group data, 2001 to 2010. di Warshaw EM et al., Dermatitis. 2013 Jul-Aug) ha rilevato che il 70% delle persone mostrava un patch test positivo a questa sostanza .
Altre preoccupazioni relative all’oxybenzone riguardano l’assorbimento percutaneo da parte dell’organismo. Secondo uno studio condotto su scala nazionale dalla US Center for Disease Control and Prevention, effettuato nel 2008 in America, tale composto chimico è stato ritrovato nel 96,8% dei campioni di urine esaminati.
Ciò significa che anche dopo l’applicazione di oxybenzone sulla pelle, questo viene assorbito rimanendo all’interno dell’organismo.
Da allora, gli studi hanno dimostrato un potenziale legame tra oxibenzone e:
- livelli inferiori di testosterone nei ragazzi adolescenti (Serum Testosterone Concentrations and Urinary Bisphenol A, Benzophenone-3, Triclosan, and Paraben Levels in Male and Female Children and Adolescents: NHANES 2011-2012. Scinicariello F, Buser MC., Environ Health Perspect. 2016 Dec)
- cambiamenti ormonali negli uomini, (Systemic absorption of the sunscreens benzophenone-3, octyl-methoxycinnamate, and 3-(4-methyl-benzylidene) camphor after whole-body topical application and reproductive hormone levelsin humans. Janjua NR, et al., J Invest Dermatol. 2004 Jul),
- gravidanze più brevi e problemi di peso alla nascita nei neonati, (Exposure to benzophenone-3 and reproductive toxicity: A systematic review of human and animal studies. Ghazipura M, et al., Reprod Toxicol. 2017 Oct)
Effettivamente il problema , con questa sostanza esiste ed è reale se già le Hawaii, la Repubblica di Palau (un’isola nell’ovest dell’Oceano Pacifico) e Key West hanno recentemente deciso di vietare i filtri solari contenenti oxybenzone e octinoxate perché causano lo sbiancamento dei coralli e sono pericolosi per gli ecosistemi marini.
E anche da noi, l’Unione europea ha sostituito l’oxibenzone nella maggior parte dei prodotti che lo contenevano con altri di nuova generazione che bloccano la maggior parte dei pericolosi raggi UVB e UVA. Si tratta peraltro di filtri solari non commercializzati in Usa non avendo superato i test di sicurezza necessari per l’approvazione da parte dell’ FDA.
Inoltre la Commissione Europea ha imposto che i prodotti per la pelle contenenti più dello 0,5% di oxybenzone debbano obbligatoriamente riportare la dicitura “Contiene oxybenzone”.
I ricercatori concludono la ricerca sostenendo che il livello di assorbimento sistemico degli ingredienti oggetto di studio è tale da necessitare ulteriori approfondimenti, ma non indicano in alcun modo di evitare l’utilizzo della protezione solare.
Dopo la pubblicazione dell’articolo, che ha destato non poco allarme negli USA, l’ex presidente della FDA Dr. Robert Califf ha assicurato che solo perché la ricerca ha rilevato livelli chimici “ben al di sopra delle linee guida della FDA non significa che questi ingredienti non siano sicuri”. Califf ha poi aggiunto che in un immediato futuro verranno eseguiti studi clinici adeguatamente progettati dall’industria per testare la sicurezza e determinare la dose ottimale da applicare dei prodotti con filtro solare allo scopo di prevenire il cancro della pelle, sempre bilanciando rischi e benefici.
E mentre la scienza continua ad interrogarsi su quale sia la protezione solare più sicura, Califf e gli altri esperti continuano a raccomandare di proteggere la pelle dai pericolosi raggi del sole.
Come del resto fa l’American Academy of Dermatology statunitense che dice sì alla protezione solare e indica ai pazienti con quali modalità proteggersi dal sole.

Mentre l’ Environment Working Group (EWG) raccomanda di scegliere una crema solare minerale contenente biossido di titanio e ossido di zinco laddove sia possibile.
In ogni caso, in attesa di direttive più precise, forse sarebbe sempre opportuno leggere attentamente le etichette riportate su tutte le creme che ci spalmiamo e non solo quelle solari.
E cercare di avere qualche nozione generale per essere in grado di leggere un INCI (International Nomenclature of Cosmetic Ingredients), in modo tale da utilizzare i prodotti in modo consapevole, evitando brutte sorprese.