Semplici gesti per non ingrassare: alcuni studi dicono che….

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Mia nonna mi diceva sempre “Mangi talmente velocemente che sembra che il cibo tu lo beva! Se non mastichi bene, non digerisci”. E aveva proprio ragione.

Che mangiare lentamente fosse importante per la nostra salute, lo sapevamo già. Ma ora, alcuni studi, lo confermano. Dati alla mano. 

Uno studio giapponese, recentissimo, va oltre e sostiene che chi mangia lentamente ha minori probabilità di ingrassare, mentre altri innumerevoli ricerche dimostrano che esiste una correlazione positiva tra la velocità di assunzione del cibo e l’indice di massa corporea (BMI-Body Mass Index).

Lo studio “Effects of changes in eating speed on obesity in patients with diabetes: a secondary analysis of longitudinal health check-up data” condotto dai ricercatori del Department of Health Care Administration and Management dell’università Kyushu di Fukuoka e pubblicato a febbraio 2018 sulla rivista British Medical Journal Open, ha preso in considerazione circa 60.000 soggetti, uomini e donne, giapponesi per 6 anni (2008-2013). 

La ricerca ha preso in esame, per ogni partecipante:

  • la circonferenza addominale,
  • l’indice di massa corporea (BMI),
  • lo stile di vita: consumo di alcool, fumo, numero di ore di sonno e relativa qualità,
  • le abitudini alimentari: consumo di snack, orario dei pasti, trascurare la colazione,
  • i dati derivanti dagli esami del sangue, delle urine e della funzionalità epatica.

Inoltre ad ognuno è stato chiesto  quale fosse la velocità di consumo dei pasti, se veloce, lenta o normale.

Il campione è stato quindi suddiviso tra mangiatori: 

  • lenti (più di 4mila), 
  • normali (oltre 33mila), 
  • veloci (circa 22mila).

E’ da sottolineare che i mangiatori lenti  erano già, all’inizio della ricerca, quelli più “in salute” e avevano un BMI più basso. Nel corso della ricerca quasi la metà del campione ha modificato le proprie abitudini alimentari.

Alla fine dei sei anni, i ricercatori hanno potuto concludere che chi mangia lentamente, ha minori probabilità di diventare obeso precisamente:

  • del 42% rispetto a chi mangia velocemente,
  • del 29 % rispetto a chi mangia ad una velocità normale.

Inoltre hanno verificato che mangiare velocemente  comporta:

  • una ridotta tolleranza al glucosio,
  • insulino-resistenza (ridotta  sensibilità dell’organismo all’insulina. Il rilascio dell’ormone produce quindi un effetto biologico inferiore rispetto a quanto previsto).

Sull’obesità inciderebbe anche:

  • mangiare snack la sera dopo cena, anche solo per tre volte alla settimana,
  • cenare tardi o comunque senza lasciar passare almeno due ore prima di andare a dormire. Andare a dormire quando abbiamo già digerito ci consente di riposare meglio. Sappiamo che uno dei segreti per dimagrire è avere un sonno riposante che permette di produrre tutti quelli ormoni che fortificano il metabolismo, bruciano i grassi e migliorano la muscolatura.

A conclusioni analoghe è giunto un’altro studio sempre giapponese, pubblicato qualche mese prima, a novembre 2017 su Circulation Journal condotto dal cardiologo Takayuki Yamaji dell’università di Hiroshima Slow Down, You Eat Too Fast: Fast Eating Associate With Obesity and Future Prevalence of Metabolic Syndrome

Il dottor Takayuki Yamaji ed il suo team hanno preso in considerazione un campione di 1083 giapponesi (642 uomini e 441 donne) sani che non presentavano sindrome metabolica, una condizione che comporta obesità, ipertensione, iperglicemia e che può anticipare il diabete e le malattie cardiache, monitorandoli per 5 anni.

Anche in questo caso i partecipanti sono stati suddivisi in tre categorie a seconda della velocità di consumo dei pasti:

  • mangiatori lenti,
  • mangiatori normali,
  • mangiatori veloci.

Sono state inoltre valutate le loro abitudini alimentari ed il loro stile di vita.

Durante il follow-up a cinque anni, i ricercatori hanno potuto verificare che mangiare velocemente aumentava la probabilità di sviluppare la sindrome metabolica. Nello specifico l’incidenza di  tale sindrome  è risultata pari:

  • al 6,5% in chi mangia a ritmo normale,
  • all’11,6 % nei “velocisti”,
  • al 2% in chi consuma il pasto lentamente.

Questi studi fanno seguito ad un’altra ricerca giapponese, “Improvement in chewing activity reduces energy intake in one meal and modulates plasma gut hormone concentrations in obese and lean young Chinese men”, pubblicata  su American Journal of Clinical Nutrition  a Settembre 2011 in cui si sostiene che le persone obese tendono a masticare il cibo meno di quanto non facciano i magri.

Nello studio sono stati esaminati 16 soggetti magri e 14 obesi ai quali è stato chiesto di masticare ogni boccone per 40 volte. I risultati della ricerca hanno portato a concludere che masticare più a lungo il cibo ha portato entrambi i gruppi a:

  • mangiare meno (11,9% in meno di cibo ingerito) e quindi ad ingurgitare meno calorie,
  • un miglioramento dei livelli plasmatici degli ormoni gastrointestinali legati alla fame ed al senso di sazietà.

Gli autori dello studio hanno concluso che “ridurre la velocità di assunzione del cibo potrebbe diventare uno strumento utile per combattere l’obesità”

In altri due  studi condotti da Kathleen Melanson dell’Università del Rhode Island e presentati al meeting “The Obesity Society” ad Orlando ad Ottobre 2011 i ricercatori hanno scoperto:

  • che i mangiatori veloci ingurgitano 80 grammi di cibo al minuto, rispetto ai 50 grammi dei lenti,
  • una stretta correlazione tra l’indice di massa corporea (BMI) e la velocità di assunzione del cibo constatando che chi mangia più velocemente ha un BMI più alto di coloro che mangiano più lentamente.

Ma perchè mangiare velocemente farebbe ingrassare e aumenterebbe la probabilità di sviluppare la sindrome metabolica e al contrario mangiare al rallentatore promuoverebbe il dimagrimento

I motivi possono essere così riassunti:

  • l’effetto potrebbe dipendere dalla mancata sensazione di sazietà, che ci porta a mangiare più del necessario e quindi ad ingrassare. Infatti, affinché al cervello arrivino i primi segnali di sazietà devono trascorrere all’incirca 20 minuti dal momento in cui si inizia a mangiare: se ci abbuffiamo, il segnale non arriva in tempo utile e ci troviamo ad  introdurre più cibo del necessario;
  • masticare al rallentatore  riduce la fame e può aiutare a ridurre l’apporto calorico, come dimostrato da un’indagine “Slower-Paced Meal Reduces Hunger but Affects Calorie Consumption Differently in Normal-Weight and Overweight or Obese Individuals” condotta su 70 volontari (35 normopeso e 35 obesi) da Meena Shah, professore di nutrizione presso il Dipartimento di Kinesiologia, della Texas Christian University e pubblicato su Journal of the Academy of Nutrition and Dietetics a Marzo 2014;
  • tutti sappiamo che la prima digestione avviene in bocca: chi mangia velocemente inghiottisce bocconi più grandi, più difficili da “processare” per lo stomaco, e utilizza meno saliva che contiene gli enzimi  necessari per la digestione. Inoltre, mangiando di fretta, il cibo arriva nello stomaco e nell’intestino troppo presto,  quando ancora tali organi non sono ancora preparati per gestirlo. Infatti nel momento in cui addentiamo il pasto, il tratto gastrointestinale si allerta per mettersi al lavoro. ma affinché nello stomaco inizi la secrezione acida e l’intestino avvii i suoi movimenti serve un po’ di tempo:  proprio quei minuti che dovremmo impiegare per masticare bene;
  • masticare bene il cibo fino a renderlo una “poltiglia”, oltre ad aumentare l’afflusso di sangue a stomaco e intestino, migliorando la digestione, pur non comportando nessun differenza dal punto di vista nutrizionale sembrerebbe far bruciare una decina di calorie in più ogni 300 calorie ingerite,  rispetto a chi spolvera il piatto in pochi minuti: mangiare lentamente, quindi,  potrebbe far consumare  circa duemila calorie in più al mese. Lo sostiene uno studio giapponese “The number of chews and meal duration affect diet‐induced thermogenesis and splanchnic circulation” pubblicato su Obesity  a Febbraio 2014.  

I ricercatori indicano anche qualche semplice suggerimento da adottare in modo tale da ridurre la velocità con cui ingurgitiamo i nostri pasti:

  • mangiare in compagnia essendo così costretti a parlare, 
  • appoggiare le posate o fare un respiro profondo fra un boccone e l’altro,
  • tagliare il cibo a piccoli pezzi.

Insomma sembra davvero che la semplice pratica di modificare la velocità con cui assumiamo un pasto  possa  influenzare l’obesità, il BMI e la circonferenza addominale.

E gli autori delle innumerevoli ricerche giungono tutti alla stessa conclusione “gli interventi mirati a ridurre la velocità di assunzione del cibo possono essere efficaci nel prevenire e ridurre l’obesità e i rischi per la salute associati“.

Sono affascinata e insieme stupita (sarebbe meglio dire allibita). Incredibile che vengano effettuati così tanti studi, in più parti del mondo, su di un gesto così semplice come la velocità con cui mangiamo.

Sinceramente non sono mai riuscita a ridurre la velocità con cui divoro il cibo che, ahimè, ho trasmesso anche  ai miei figli. E mio marito, che già mangiava velocemente, vivendo con me, ha subito un’accelerazione in questa poco corretta abitiudine. E mi rendo conto di questo soprattutto quando sono a cena con amici: sono sempre la prima a “spazzolare” tutto (sembra che non mangi niente da un secolo!). Che poi è anche imbarazzante: io con il piatto vuoto e tutti gli atri che ancora devono finire.

La mia mania della velocità e di fare tutto di corsa, pervade la mia vita e riguarda anche i pasti, fatti sempre di corsa. Nonostante tutto, per fortuna, sono normopeso, ma, a leggere queste ricerche, il problema di mangiare velocemente sembrerebbe riguardare non solo il peso, ma il benessere in generale. Chissà se pian piano riuscirò a modificare quest’abitudine.

Alla fine comunque, come ho già avuto modo di dire, i consigli di buon senso delle nonne, nonostante non avessero studiato granché (almeno la mia), rimangono sempre i più saggi e realistici.

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