Gruppi etnici ed invecchiamento. Chi sono i più fortunati?

Indice

Come è stato condotto lo studio

La dottoressa Kimball insieme al suo staff ha condotto lo studio in collaborazione con la compagnia 23andMe di Boston, specializzata in biotecnologie e genetica presso la quale sono stati analizzati i dati di 350 donne di età diverse e differenti gruppi etnici.

Donne, di età superiore a 60 anni, con particolari caratteristiche dell’invecchiamento del viso. Da sinistra a destra: razza caucasica, asiatica, latino/ispanica e africana.

In particolare,  per ogni paziente, sono stati esaminati :

  • campioni di saliva per verificarne l’etnia,
  • immagini fotografiche della pelle del viso corrispondenti a varie decadi, confrontate tra loro per determinare la differente evoluzione del processo di invecchiamento nelle diverse etnie.

La valutazione di questi dati ha mostrato che, se si confrontano due pazienti di 64 anni, uno afro-americano, l’altro caucasico (popolazioni di carnagione bianca), c’è una differenza nel processo di invecchiamento di 10 anni. In altre parole il paziente afroamericano sembra di 10 anni più giovane del paziente di razza caucasica.

Per approfondire questi dati sono stati esaminati campioni di pelle dei pazienti prelevati, tramite biospsia, da zone:

  • foto-esposte (viso, braccia),
  • foto-protette (glutei).

Di questi campioni è stato poi effettuato l’esame del DNA ed RNA,  per verificare se il dato, precedentemente ottenuto, potesse essere confermato.

In effetti gli scienziati hanno verificato che, anche dal punto di vista genetico, il gap di età rimane: un paziente caucasico di 50 anni ha caratteristiche analoghe ad  un afro-americano di 60 anni.

Inoltre, per quanto concerne il processo di invecchiamento cellulare, lo studio evidenzia che

  • sia nel gruppo degli afro-americani che in quello dei caucasici,  nelle aree foto-esposte  di braccia e viso,  con il passare dei decenni, si verifica  un aumento della senescenza  cellulare accelerata dall’esposizione al sole,
  • i pazienti di entrambe le etnie che si proteggono dal sole, mostrano un minore aumento della senescenza cellulare di quelli che si espongono al sole senza protezione,
  • il processo di invecchiamento cellulare  e l’esposizione al sole ha effetti avversi assai maggiori nei caucasici che negli afro-americani,
  •  l’esame istologico della pelle indica  che sia gli ispanici che i caucasici hanno cambiamenti elastotici (elastosi: condizione degenerativa della pelle che si  manifesta con assottigliamento, perdita di elasticità, aumento delle rughe, disidratazione e secchezza, ingiallimento. L’esposizione frequente alla luce del sole o ai raggi ultravioletti provocando la degenerazione di elastina e collagene, può accelerare questi processi degenerativi che, nel loro complesso, prendono il nome di foto-invecchiamento) simili a 60 anni, problematica che  non è stata invece riscontrata  nella popolazione afro-americana.

Quindi tutti i tipi di cute, presentano cambiamenti causati da photo-aging, ma i soggetti con più pigmenti scuri mostrano segni dermatologici di invecchiamento a un’età più avanzata rispetto a soggetti leggermente pigmentati.

Le differenze fisiologiche della pelle tra le varie etnie, però, non si esauriscono con il pigmento melanico, ma interessano anche:

  • lo spessore della cute,
  • la quantità di acqua contenuta nell’epidermide,
  • la percentuale di lipidi (grassi, vitamine liposolubili) e d antiossidanti.

Queste differenze evidenziano la necessità di indirizzare i pazienti appartenenti a gruppi etnici diversi verso trattamenti mirati e differenziati per etnia.

Le conclusioni dello studio

Mentre l’invecchiamento avviene naturalmente in tutti i tipi di pelle, i suoi segni possono variare a seconda del gruppo etnico di appartenenza, come del resto alcune problematiche della pelle, più frequenti in alcune popolazioni che non in altre.

  1. I segni dell’invecchiamento si presentano meno severi e iniziano a comparire in una fase più avanzata della vita nelle pelli più scure. I fattori determinanti sono da ricondurre non solo alla maggiore quantità di melanina presente,  che funge da protezione contro i danni degli UV, ma anche ad una maggiore presenza e produzione di antiossidanti. Questi ultimi rallentano la comparsa di rughe e segni della vecchiaia e rigenerano la pelle molto più velocemente.
  2.  Poichè in tutte le etnie, i pazienti che si proteggono dal sole mostrano un processo di invecchiamento cellulare più lento rispetto a quelli che si espongono al sole  senza protezione, si deduce che tutti i tipi di pelle necessitano di protezione solare. E nonostante la pelle più scura sia più protetta dai raggi UV di quella bianca, si raccomanda sempre l’uso dello schermo solare. 
  3. La pelle bianca viene più colpita dai raggi UV, e coloro che si abbronzano poco e si scottano facilmente sono più a rischio di sviluppare il cancro della pelle.
  4.  Il cancro della pelle è meno frequente nella pelle nera.
  5. Le macchie dell’età sono fra i primi segni di fotoinvecchiamento e sono più visibili sulla pelle caucasica e asiatica.
  6. Nelle pelli più chiare l’invecchiamento compare sotto forma di sottili rughette e di rughe.
  7. Nelle pelli nere l’invecchiamento si manifesta con rughe profonde, principalmente nella zona naso-labiale.
  8. Quando la pelle invecchia può presentare una maggiore concentrazione di ipercheratosi. Queste sono più frequenti nella pelle degli asiatici.
  9. La  Dermatosis Papulosa Nigra (DPN), malattia della pelle legata all’invecchiamento e caratterizzata da piccole lesioni benigne che compaiono su tutto il viso, è estremamente frequente e tipica nelle  donne con pelle nera (colpisce fino al 30% delle afro-americane negli USA).

Un segno di invecchiamento comune a tutte le popolazioni e tra i più diffusi,  indipendentemente dall’appartenenza etnica  è invece rappresentato dalla perdita di volume del viso .

Presentando le conclusioni dello studio, la Dottoressa Perez, ha sostenuto che sarebbe importante, per  i dermatologi, trattare i pazienti non solo sulla base dell’età cronologica o del colore della loro pelle, ma identificare un marker attraverso cui poter documentare il processo di invecchiamento cellulare. Questo, in futuro, permetterà  di interferire o intervenire sullo sviluppo della senescenza cellulare con retinoidi, antiossidanti e fattori di crescita, agendo in modo differente per ognuna di queste popolazioni, per esempio iniziando l’uso di un sun-block nei caucasici molto presto durante la vita, per diminuire gli effetti nocivi del sole.

Ma come si è comportata l’azienda Olay che ha commissionato lo studio? Come sono stati “tradotti” nella realtà i risultati della ricerca?

Se volete saperlo leggete la pagina successiva….

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