Relazione tra caffè e diabete, mal di testa, colesterolo, cuore, performance cognitiva, cancro, osteoporosi, malattie neuorodegenerative, qualità del sonno
Caffeina controllo del peso corporeo, sindrome metabolica e diabete di tipo 2
Studi metabolici suggeriscono che la caffeina può migliorare l’equilibrio energetico riducendo l’appetito e aumentando il metabolismo basale. L’assunzione ripetuta di caffeina durante il giorno (6 dosi da 100 mg di caffeina) ha portato a un aumento del 5% del dispendio energetico nelle 24 ore. Aumenti nell’assunzione di caffeina sono stati associati a un aumento di peso leggermente inferiore a lungo termine negli studi di coorte.
Prove limitate da studi randomizzati supportano anche un modesto effetto benefico dell’assunzione di caffeina sul grasso corporeo. Tuttavia sono da bandire le bevande contenenti caffeina ad alto contenuto calorico, come bibite e bevande energetiche e caffè o tè con aggiunta di zucchero le quali possono portare a un aumento del peso corporeo.
Si è molto dibattuto se l’assunzione di caffeina possa aumentare o ridurre la sensibilità all’insulina .
Se da un lato è vero che nel breve termine la caffeina può ridurre la sensibilità all’insulina (vedi Caffeine ingestion decreases glucose disposal during a hyperinsulinemic-euglycemic clamp in sedentary humans.) rallentando lo stoccaggio del glucosio nei muscoli, sotto forma di glicogeno, nel tempo questo effetto viene meno per due motivi:
- il nostro organismo sviluppa tolleranza,
- gli altri componenti del caffè mitigano questo effetto.
Infatti gli studi indicano che il consumo di caffè:
- con caffeina (da 4 a 5 tazze al giorno) fino a 6 mesi non influisce sulla resistenza all’insulina,
- sia con caffeina che decaffeinato riduce la resistenza all’insulina epatica indotta dalla sovralimentazione di fruttosio,
- è stato costantemente associato a un ridotto rischio di sviluppare diabete di tipo 2 in una relazione dose-risposta, con associazioni simili per caffè con caffeina e caffè decaffeinato.
Relazione tra consumo di caffè e mal di testa
La caffeina non solo ci dà la carica, ma è anche in grado di contrastare il mal di testa di tipo tensivo (causato, magari, da cattive posture). Questo perchè essendo la caffeina una sostanza è un vasocostrittrice ha un effetto blandamente analgesico su alcuni tipi di cefalee.
Relazione tra consumo di caffè e colesterolo
In alcuni studi, il consumo di caffè è stato associato ad un incremento dei valori di colesterolo LDL. Responsabili di tale effetto negativo sarebbero i diperteni. Ma in realtà studi recenti hanno messo in evidenza che l’entità di tale effetto dipende dalla modalità di preparazione della bevanda. In particolare si è osservato che il caffè bollito, come quello turco o scandinavo, contiene quantità di cafestolo e cafeolo molto elevate (6-12 mg). Mentre nel caffè filtrato, come quello americano o nel caffè espresso, la quantità di tali elementi è di gran lunga inferiore (0.2-0.6 mg/tazza). Negli studi randomizzati, l’elevato consumo di caffè non filtrato (6 tazze al giorno) ha aumentato i livelli di colesterolo, rispetto al caffè filtrato, prevedendo un rischio stimato dell’11% più elevato di eventi cardiovascolari maggiori. Ciò dipende dal fatto che i diterpeni vengono prodotti dal caffè durante la bollitura, ma vengono rimossi mediante l’utilizzo dei filtri. Quindi limitando il consumo di caffè non filtrato e riducendo il consumo di caffè espresso è possibile tenere sotto controllo i livelli di colesterolo.
Il caffè non filtrato responsabile dell’aumento del colesterolo
Relazione tra consumo di caffè e salute cardiovascolare
Il rapporto tra consumo di caffe e salute cardiovascolare è quella che maggiormente è stata dibattuta in questi anni. Il motivo per cui si pensava che il caffè fosse dannoso per la salute cardiovascolare deriva dal fatto che il caffè aumenta i livelli di adrenalina e transitoriamente, se pur in maniera modesta, il battito cardiaco, soprattutto nei soggetti che non hanno mai consumato caffeina in precedenza. Si supponeva che questo potesse comportare un aumento della pressione sanguigna e che i due fattori combinati, avrebbero potuto essere dannosi per la salute cardiovascolare. Ma grazie a due studi, uno pubblicato su Circulation nel 2015 e l’altro sul Circulation Heart Failure nel 2021, si è dimostrato che il caffè, sia esso decaffeinato o meno, riduce la mortalità totale. Inoltre non è stato riscontrato alcun effetto sostanziale sulla pressione sanguigna anche tra coloro che sono ipertesi , forse perché altri componenti del caffè, come l’acido clorogenico, contrastano l’effetto ipotensivo della caffeina.
Gli effetti collaterali colpiscono soprattutto i bevitori occasionali e un modesto aumento della pressione si verifica solo in quelle persone che bevono un caffè al giorno o assumono caffeina sporadicamente. Il problema, invece, non si presenta nei bevitori abituali, nei quali non si modificano i livelli di pressione arteriosa. E questo vale anche per gli ipertesi.
Studi sperimentali sull’uomo e studi di coorte (osservazionale) non mostrano un’associazione tra l’assunzione di caffeina e la fibrillazione atriale . Molti studi prospettici hanno esaminato il consumo di caffè e caffeina in relazione ai rischi di malattia coronarica e ictus. I risultati indicano costantemente che il consumo di un massimo di 6 tazze standard di caffè filtrato e al giorno, non è associato a rischio di malattie cardiovascolari, cardiovascolare nella popolazione generale o tra le persone con una storia di ipertensione, diabete o malattie cardiovascolari.
Relazione tra caffè, performance cognitiva e dolore
La caffeina è un’antagonista dell’adenosina, un inibitore del sistema nervoso centrale. L’accumulo di adenosina nel cervello inibisce l’eccitazione e aumenta la sonnolenza.
In dosi moderate (da 40 a 300 mg), la caffeina può antagonizzare gli effetti dell’adenosina e quindi comportare :
- una riduzione dell’affaticamento,
- un aumento della concentrazione,
- un miglioramento della velocità di reazione.
E’ opportuno sottolineare che il picco di concentrazione di caffeina nel sangue avviene 45-60 minuti dopo l’assunzione; nell’arco di 3-5 ore, il fegato avrà degradato metà della caffeina assunta e l’adenosina avrà iniziato a riprendere il suo ruolo.
Questi effetti della caffeina sono stati osservati anche in persone che non consumano abitualmente caffeina e dopo brevi periodi di astinenza nei consumatori abituali.
Inoltre la caffeina può contribuire ad alleviare il dolore se aggiunta agli analgesici comunemente utilizzati.
Nello specifico, una revisione di 19 studi ha mostrato che da 100 a 130 mg di caffeina aggiunti a un analgesico aumentava moderatamente la tolleranza al dolore
Relazione tra consumo di caffè e cancro
I risultati di molti studi prospettici di coorte forniscono una forte evidenza che il consumo di caffè e caffeina non è associato ad un aumento dell’incidenza di cancro o un aumento del tasso di morte per cancro
Il consumo di caffè in molti studi è associato ad un rischio leggermente ridotto di sviluppare:
In altri studi sono state osservate associazioni inverse ancora più forti tra il consumo di caffè e il rischio di cancro
Per il cancro dell’endometrio, la riduzione del rischio si ha sia con il caffè caffeinato che con quello decaffeinato.
Per il carcinoma del fegato, la riduzione del rischio è maggiore se viene consumato caffè con caffeina, piuttosto che decaffeinato.
Il caffè è stato anche costantemente associato ad altri aspetti della salute del fegato come ad esempio la cirrosi epatica, meno frequente tra chi fa un uso quotidiano della bevanda e che se non trattata può aprire la strada all’insorgenza dell’epatocarcinoma,
Relazione tra consumo di caffè ed osteoporosi
I dati scientifici su questo tema sono contrastanti, ma tendono a prevalere quelli che sottolineano che non vi sia nessuna relazione tra aumento dell’osteoporosi e l’assunzione di caffè.
Ad oggi, è comunque noto che il consumo massiccio di caffè ( più di 744 mg/die) può aumentare l‘escrezione urinaria di calcio e magnesio che può indurre osteoporosi soprattutto nelle persone con un apporto inadeguato di questo minerale, come le persone anziane.
Vari studi hanno stabilito che l’assunzione di caffeina inferiore a 400 mg/giorno non ha effetti significativi sulla densità ossea, né sull’equilibrio del calcio negli individui che consumano almeno 800 mg di calcio al giorno.
Recentemente, un ampio studio epidemiologico a lungo termine pubblicato in Svezia, ha suggerito che un elevato consumo di caffè è stato associato a una piccola riduzione della densità ossea.

Quindi per ridurre il rischio di osteoporosi nelle persone anziane, si consiglia un’adeguata assunzione di calcio e vitamina D, nonché un consumo moderato di caffè non superando le 3 tazze al giorno, in particolare negli anziani.
Relazione tra consumo di caffè, malattie neurodegenerative, depressione, rischio suicidario
Studi di coorte prospettici condotti in USA, in Europa e in Asia hanno mostrato che non esiste nessuna associazione tra consumo di caffè e il rischio di sviluppare morbo di Parkinson.
Alcune ricerche condotte su modelli animali, hanno evidenziato che anzi sembrerebbe proteggere dall’insorgenza della malattia di Parkinson.
Per quanto riguarda la demenza senile e morbo di Alzheimer nonostante alcuni risultati incoraggianti tratti da studi preclinici e su modello animale, nell’uomo l’assunzione quotidiana di caffè non risulta associata a un rischio ridotto di sviluppare una di queste malattie.
Il consumo di caffè con caffeina, sempre che non si superino le 8 tazze al giorno, ridurrebbe e inoltre il rischio di:
Relazione tra caffè, sindrome d’ansia e qualità del sonno
Il consumo di caffeina nel corso della giornata può creare problemi di addormentamento e peggiorare la qualità del sonno.
Inoltre, la caffeina, può indurre ansia, in particolare a dosi elevate (più di 400 mg al giorno o 200mg per i consumatori occasionali ) e in persone sensibili, può peggiorare i disturbi d’ansia o il disturbo bipolare. Anche se deve essere sottolineato che, nella popolazione in generale, gli effetti della caffeina sul sonno e sull’ansia possono variare notevolmente. Queste differenze dipendono dalla differente capacità di metabolizzare la caffeina che, come osservato in precedenza, dipende essenzialmente da fattori genetici.
Consumo di caffè in gravidanza
Le donne in gravidanza devono consumare caffè con cautela. Questo perché la caffeina è in grado di passare all’interno della placenta e arrivare così al feto, che non ha capacità di metabolizzarla. Dal momento che vari studi hanno evidenziato una correlazione tra alti livelli di caffeina nel sangue e un maggiore rischio di aborto e di basso peso alla nascita dei neonati, gli esperti raccomandano alle donne gravide di non superare il consumo due tazzine di caffè al giorno.
Astinenza da caffeina
L’interruzione dell’assunzione di caffeina dopo il consumo abituale può portare a sintomi di astinenza, tra cui:
- mal di testa,
- affaticamento,
- diminuzione dell’attenzione e della concentrazione,
- umore depresso,
- sintomi simil-influenzali (rari casi)
Questi sintomi tipicamente raggiungono il picco dopo 1 /2 giorni dalla cessazione dell’assunzione di caffeina, con una durata totale che varia da 2 a 9 giorni. Si tratta di sintomi che possono essere ridotti diminuendo gradualmente la dose di caffeina assunta.