La Lattoferrina: l’antiossidante che rafforza il sistema immunitario e previene le infezioni virali

Indice

Relazione tra microbiota intestinale e obesità e tra microbiota intestinale e longevità, ruolo del microbiota intestinale ed infezioni del tratto respiratorio, batteri predominanti nelle varie fasi della vita

Relazione tra Microbiota intestinale ed Obesità

Recenti studi hanno  evidenziato che un microbiota intestinale alterato sia un fattore scatenante per l’obesità. Sembra infatti che il microbiota dei soggetti obesi contenga specie batteriche in grado di rendere più difficile il dimagrimento. Di fatto il microbiota sembrerebbe favorire l’assorbimento dei nutrienti e quindi la tendenza ad aumentare di peso. In altri termini, lo stesso apporto nutrizionale potrebbe avere effetti differenti nelle persone a seconda della composizione della loro flora batterica intestinale. 

In particolare uno studio pubblicato su Science a Settembre 2013   Gut microbiota from twins discordant for obesity modulate metabolism in miceRidaura VK,e t. al, ha dimostrato che nell’intestino dei soggetti magri c’è una microflora intestinale molto più ricca e varia di quella presente nei soggetti obesi. Inoltre lo studio ha valutato il differente  microbiota che si può trovare in gemelli identici che sono però, a parità di dieta, uno magro e uno grasso.

In un altro studio An obesity-associated gut microbiome with increased capacity for energy harvest.Turnbaugh PJ, et al., pubblicato su Nature a dicembre  2006 si è osservato che trasferendo i batteri intestinali di un topolino grasso in un topolino “vergine” (germ free è il termine scientifico), quest’ultimo iniziava ad ingrassare, ma che se insieme a questi batteri venivano aggiunti anche quelli di un topolino magro, l’equilibrio dato dai microbi di quello magro era sufficiente per impedire l’ingrassamento.

 

Relazione tra Microbiota intestinale  e Longevità

Negli ultimi anni inoltre molti studi hanno addirittura  messo in evidenza il legame che sembrerebbe esserci tra microbiota ed invecchiamento.

Uno studio condotto dalla Stanford University di concerto con l’University of California, Los Angeles (UCLA) in cui è stato analizzato il Genoma di 17 anziani con età superiore ai 110 anni, hanno dimostrato che non esiste alcuna variante genica in grado di assicurare una longevità straordinaria.

Il segreto della longevità potrebbe invece risiedere propio nell’intestino di ognuno di noi.

In particolare è noto che i soggetti anziani (età superiore ai 65 anni) sono più suscettibili a malattie legate all’età tra le quali negli ultimi anni stanno emergendo quelle che interessano il microbiota intestinale. Una tipica manifestazione dell’invecchiamento è costituita dall’immuno senescenza, ossia il declino della funzionalità del sistema immunitario che può indurre uno stato di infiammazione cronica  che si traduce in una alterazione della composizione e della struttura dell’intestino

In uno studio  pubblicato a Gennaio 2016 su Current Biology Gut Microbiota and Extreme Longevity. di Franceschi C et al.,  condotto dall’università di Bologna e dal Cnr i ricercatori  hanno analizzato la popolazione batterica intestinale di 24 supercentenari (ovvero soggetti di età compresa tra i 105 e i 110 anni) della provincia di Bologna, confrontandola con quella di centenari (99-104 anni), anziani (65-75 anni) e adulti (20-50 anni)  tutti appartenenti alla stessa area geografica per limitare le differenze dovute alle abitudini alimentari e allo stile di vita.

Lo studio ha dimostrato come molti centenari abbiano una composizione particolare dei batteri intestinali, ricca di alcune specie e povere di altre.

Dalla ricerca effettuata, infatti, è emerso che i soggetti più anziani avevano:

  • presenza costante di un gruppo di famiglie di batteri, soprattutto Ruminococcaceae, Lachnospiraceae e Bacteroidaceae,
  • una maggiore abbondanza di microrganismi antinifiammatori, imunomodulanti e promotori della salute intestinale come Bifidobacterium e Akkermansia,
  • un’aumento di batteri appartenenti alla famiglia Christensenellaceae, un gruppo batterico recentemente salito all’attenzione della ricerca in quanto associato ad un buon stato di salute.

Lo studio indica quindi che la presenza di questi batteri rappresenti una sorta di codice identificativo del  microbiota di questi soggetti e sia in grado di  influenzarne e determinarne la longevità.

Anche se, come ha spiegato la ricercatrice  dell’Università di Bologna Elena Biagi, “la longevità è un tratto complesso dove gioca un ruolo fondamentale le genetica, l’ambiente e il caso. E il microbiota intestinale, influenzando molteplici aspetti della fisiologia umana, come il corretto funzionamento del sistema immunitario e del metabolismo energetico, può rappresentare un tassello importante nel definire come e quanto un essere umano può invecchiare mantenendosi in buona salute”

Del resto è noto e supportato da molti studi l’idea che la longevità dipenda non solo dall’ereditarietà, ma, in larga misura, dallo stile di vita. Caleb Finch, professore di gerontologia   presso la University of Southern California’s Leonard Davis School of Gerontology ha stabilito anche delle percentuali sostenendo che la longevità dipende per il:

  • 35%  dall’ereditarietà,
  • 65% dallo stile di vita.

In un altro studio Gut microbiota changes in the extreme decades of human life: a focus on centenarians.Santoro A, et al., pubblicato su Cellular and Molecular Life Sciences a Gennaio 2018, i ricercatori hanno investigato il microbiota di centenari sani per comprendere quanto i suoi cambiamenti, nelle ultime decadi della vita,  dipendano dallo stile di vita, dall’alimentazione, dalla genetica o dall’invecchiamento in se per sé e possano essere correlati a malattie neurodegenerative come il Parkinson e l’Alzheimer.

In uno studio pubblicato a Marzo 2017 su Trends in Endocrinology & Metabolism Inflammaging and ‘Garb-aging’.Franceschi C, et al., viene analizzato il ruolo del microbiota nell’infiammazione, (inflammaging) ossia uno stato infiammatorio  cronico di basso grado che coinvolge diversi tessuti ed organi oltre che lo stesso microbiota e che  alimenta l’insorgenza o la progressione di malattie croniche  e quindi accelerare e propagare il processo di invecchiamento localmente e sistematicamente.

Dallo studio emerge che la riduzione dell’inflammaging sia uno degli obiettivi da perseguire e dei fattori da tenere in considerazione in un’ottica “anti-aging”, che abbia come obiettivo il rallentamento dell’invecchiamento.

Il ruolo del microbiota intestinale e le infezioni del tratto respiratorio

Ultimamente, alcuni  studi scientifici, hanno individuato una relazione tra le  infezioni del tratto respiratorio e il microbiota intestinale. Di fatto si è visto come le infezioni respiratorie possono portare a modificazioni nel microbiota intestinale e al contrario il microbiota intestinale, se sano, può modulare la risposta immunitaria contro i patogeni respiratori, aspetto  molto interessante soprattutto in questo periodo storico di pandemia da Covid 19

Quindi le interazioni tra le infezioni del tratto respiratorio e il microbioma intestinale sono bidirezionali. Mentre le infezioni virali respiratorie possono modificare il microbioma intestinale, il microbioma intestinale modella anche le risposte immunitarie contro i patogeni respiratori.

Il microbioma intestinale è quindi essenziale per innescare le risposte immunitarie innate anche contro le infezioni polmonari.

Durante le infezioni virali, il grado di risposta del nostro organismo ai virus respiratori, dipende dalla presenza di microbi intestinali.

In uno studio pubblicato su Nature Immunology un gruppo  di scienziati guidato da Tomasz Wypych della Monash University di Melbourne ha esaminato l’impatto del microbiota polmonare e di quello intestinale sulla salute e sulle malattie respiratorie, mettendo in evidenza  quali sono le principali vie di comunicazione che collegano l’intestino e i polmoni. A differenza di quanto si riteneva in passato, infatti i polmoni non sono organi sterili, ma ospitano un loro microbiota e sono influenzati da segnali microbici provenienti da altri organi del nostro corpo, come l’intestino.

In altri studi clinici è stato evidenziato come,  animali con alterata flora batterica intestinale a causa del trattamento con antibiotici, hanno mostrato una ridotta capacità di risposta ad attacchi virali ai polmoni

I tipi di batteri predominanti durante le fasi della nostra vita

Ho già osservato che al momento della nascita, l’intestino del neonato è sterile. Dopo i 2-3 anni di età la popolazione batterica, seppur molto variabile, si stabilizza comprendendo soprattutto batteri Firmicutes e Bacteroidetes che rimangono anche nell’individuo adulto se pur cambiando in proporzione  man mano che gli anni passano.

I microrganismi, come è visibile nell’immagine  sotto pubblicata:

  • Firmicutes sono predominanti negli adulti e negli anziani,
  • Bacteroidetes negli adolescenti.

Diversi studi hanno dimostrato che la dieta è il maggiore fattore ambientale che sia in grado di modificare la composizione del microbiota intestinale. Infatti vi è una dominanza di:

  • Bacteroidetes con una alimentazione ricca di grassi e zuccheri, 
  • Firmicutes  nel caso si assumano molte fibre e si segua quindi un’alimentazione corretta.

Un recente studio ha anche evidenziato il ruolo dei Bifidobatteri, appartenenti alla famiglia degli Actinobacteria, nell’invecchiamento (vedi immagine). Questo genere di microrganismi predomina alla nascita, ma si riduce e cambia composizione con l’avanzare dell’età. Ed è molto presente nei centenari.

Dato quindi il loro ruolo di difesa e di stimolazione del sistema immune, le ricerche indirizzano verso un loro uso terapeutico soprattutto nei soggetti anziani dove sono presenti in percentuale esigua.

0 0 voti
Valutazione
Iscriviti
Notificami
guest
8 Commenti
Il più votato
Più recente Il più vecchio
Feedback in linea
Vedi tutti i commenti
8
0
Mi piacerebbe avere le tue opinioni, commenta pure.x