La ricostruzione con muscolo addominale o dorsale, la microchirugia con lembi liberi, tempi di recupero nei vari tipi di intervento, come scegliere tra le varie opzioni
Come avviene la ricostruzione con lembi muscolari o cutanei?
La ricostruzione con lembi muscolari o cutanei utilizza tessuti della paziente trasferiti alla mammella e prelevati:
- dalla regione addominale,
- dalla regione dorsale,
- dall’interno coscia.
La ricostruzione con queste tecniche può essere eseguita contestualmente all’asportazione della mammella o dopo vari mesi.
Come avviene la ricostruzione con muscolo addominale?
La muscolatura dell’addome è formata da 8 muscoli. Uno o due di questi vengono prelevati e trasferiti al seno per ricostruirlo.
Per eseguire l’intervento (tecnica TRAM) si effettua un’incisone sotto l’ombelico da cui si preleva un’ellissi di cute insieme ad una porzione di grasso e al muscolo.
Sull’addome rimarrà una cicatrice:
- orizzontale, identica a quella che residua da da un’addominoplastica che può essere eseguita contestualmente qualora ve ne sia la necessità,
- attorno all’ombelico;
Con questa tecnica si hanno vari vantaggi:
- è un intervento definitivo (le protesi devono essere sostituite),
- è ideale nel caso di ricostruzione di mammelle grandi, in cui il lembo trasferito riacquisterà via via la sensibilità e andrà incontro negli anni alle medesime variazioni, dovute a peso e invecchiamento, della mammella sana,
- la paziente desidera una mammella dall’aspetto naturale,
- è indicato anche nelle pazienti sottoposte a radioterapia,
- nei casi in cui vi sia stato o sussista un elevato grado di rischio di rigetto della protesi,
- si ha la possibilità di eseguire un’addominoplastica contestuale.
Gli svantaggi dell’intervento sono:
- è molto impegnativo per il fisico: ha una durata di 4-5 ore e una convalescenza di circa un mese,
- un rischio di complicanze elevato (indebolimento della parete addominale anteriore, deviazione dell’ombelico, necrosi parziale o totale del tessuto trasferito),
- la mammella ricostruita avrà una o più cicatrici.
Come avviene la ricostruzione con il gran dorsale?
Nei casi in cui non si voglia o non si possa utilizzare il tessuto addominale, può essere utilizzato il muscolo gran dorsale che, insieme a una ellissi di cute, viene trasposto nella regione mammaria per la ricostruzione. Nel caso in cui non vi sia sufficiente volume si può aggiungere una protesi sotto il lembo, per raggiungere la dimensione dell’altra mammella.

I vantaggi e gli svantaggi che si hanno con questa tecnica sono analoghi a quelli che si hanno con la ricostruzione con il lembo addominale.
In questo caso c’è da aggiungere che, a seguito dell’intervento, residuano due cicatrici:
- lineare sulla parete posteriore del torace, per prelevare il muscolo necessario alla ricostruzione (di solito nascosta sotto la fascia orizzontale del reggiseno),
- di forma ellittica, si trova sul cono mammario e circoscrive la cute trasferita dal dorso.
In alcuni casi, è possibile incidere verticalmente la parete laterale del torace, anziché il dorso, in modo che la cicatrice sia nascosta dal braccio.
Come avviene la ricostruzione con il tessuto prelevato dall’interno coscia o dall’addome?
La tecnica, detta di microchirurgia, consiste nel prelievo di lembi cosiddetti liberi (il lembo è completamente staccato dal corpo, unitamente ai suoi vasi sanguigni) di tessuto delle pazienti e trasferiti nella regione mammaria per ricostruire il seno.
Il lembo di tessuto viene prelevato da un’altra zona del corpo e riportato nella zona mammaria con una congiunzione (anastomosi) microchirurgica di una piccola arteria e una piccola vena, in modo da ripristinare la vascolarizzazione del tessuto.
Il tessuto può essere prelevato:
- dal sotto gluteo (tecnica PAP) con un’incisione che corre lungo l’inguine, identica a quella che residua da un intervento di lifting della coscia, intervento eventualmente eseguibile contestualmente alla ricostruzione della mammella, nel caso in cui ve ne sia la necessità. Il Lembo PAP è raccomandato nella ricostruzione di mammelle di piccole e medie dimensioni e/o quando i tessuti addominali siano inadeguati. La cicatrice residua si mimetizza perfettamente nel solco gluteo inferiore,
- dall’addome (tecnica DIEP) con un’incisione analoga a quella prima descritta, in cui la ricostruzione, come ho spiegato, viene eseguita utilizzando il muscolo addominale .
Zona di prelievo nella tecnica PAP
Tecnica DIEP
Con questa modalità può essere utilizzato il tessuto delle zone suddette, senza utilizzare nessun muscolo, prelevando la cute, il sottocute e un vasellino (perforante), ricollocando e ricongiungendo vene e arterie sotto il microscopio operatorio per ridonare l’irrorazione necessaria alla porzione “trasferita”.
Si tratta di una tecnica consentita solo se si ha tessuto adiposo a sufficienza e di fatto eseguibile solo su un 1/3 delle pazienti.
Sono interventi molto lunghi che durano in media 6-8 ore, ma che hanno il vantaggio di non indebolire il muscolo della zona da cui viene eseguito il prelievo e sono definitivi.
Il maggiore rischio a cui si va incontro con questo tipo di intervento, oltre a quelli tipici di ogni intervento chirurgico, è relativo alla necrosi del tessuto.
Quali sono i tempi di recupero nelle differenti tipologie di intervento ricostruttivo?
La varie tecniche comportano tempi di recupero differenti:
- la tecnica del lipofilling è quella meno impegnativa e che ha tempi di recupero più brevi, massimo di una settimana,
- la tecnica che prevede la ricostruzione con inserimento della protesi richiede circa tre/quattro settimane per un recupero completo,
- le tecniche che prevedono l’impiego di con tessuto autologo richiede circa 4/6 settimane per un recupero completo.
Si tratta di tempi indicativi che possono variare da caso a caso.
Da cosa dipende la scelta tra le varie opzioni?
La scelta tra le varie opzioni dipende:
- dalla situazione oncologica specifica,
- dalla possibilità di eseguire senza problemi eventuali cure complementari, aspetto prioritario nella guida delle scelte.
Esiste una tecnica migliore delle altre?
Non esiste una tecnica migliore delle altre, ma quella più adeguata per il singolo caso. Diciamo che ogni tecnica presenta vantaggi e svantaggi e limiti legati anche alle condizioni fisiche della paziente.
Qual è il risultato estetico che si può ottenere ?
A prescindere dall’intervento ricostruttivo deciso, la ricostruzione consente buoni risultati. Anche se dobbiamo sottolineare che non si tratta di un intervento estetico in senso stretto e che, nonostante gli sforzi che noi chirurghi compiamo quotidianamente, l’aspetto delle due mammelle potrebbe non risultare esattamente identico.
[nextpage title=”Ricostruzione del complesso areola capezzolo, utilizzo di protesi texturizzate a seguito dei casi di linfoma anaplastico (BIA-ALCL), le mie considerazioni personali”]
Nel caso venga asportato il complesso areola e capezzolo si può eseguire una ricostruzione?
Il complesso areola-capezzolo in genere viene ricostruito in anestesia locale. L’intervento è breve e dura circa una mezz’ora
Per la ricostruzione del capezzolo si può utilizzare:
- il capezzolo controlaterale,
- lembi locali,
- innesti compositi (piccole labbra vulvari, lobolo auricolare, polpastrello).

Per la ricostruzione dell’areola e possibile utilizzare:
- l’areola controlaterale,
- la cute prelevata da altre regioni corporee (grandi labbra, regione retrauricolare, palpebre superiori, porzione mediale del solco gluteo, regione supero-interna della coscia),
- la dermopigmentazione, tecnica maggiormente utilizzata.
Nell’attesa della ricostruzione dell’areola e del capezzolo è possibile utilizzare capezzoli artificiali in silicone da incollare sulla cute con un apposito adesivo.
Come gestite la questione dei casi di linfoma anaplastico a grandi cellule (BIA-ALCL) che sembrerebbe essere legato all’impianto di protesi in particolare quelle texturizzate?
I casi sono talmente rari che noi continuiamo ad impiantare protesi texturizzare perché permettono alla protesi anatomica, quella maggiormente richiesta dalla pazienti, di non ruotare e quindi garantiscono qualità di vita alla donna. Dobbiamo considerare che nel caso di ricostruzione del seno, non siamo di fronte a pazienti sane, senza fattore di rischio che eseguono un intervento puramente estetico in cui si deve salvaguardare la loro salute. E quindi l’attenzione deve essere massima. Nelle pazienti che devono essere sottoposte a ricostruzione post mastectomia siamo già di fronte a soggetti aventi di per sé un fattore di rischio, e la probabilità di contrarre il linfoma, pari allo 0,004%, influisce minimamente sulla prognosi che è già modificata dal tumore stesso.
Se non fosse possibile o si decidesse di non eseguire nessun tipo di ricostruzione, cosa è possibile fare?
Dopo un intervento di mastectomia senza ricostruzione, è possibile utilizzare una protesi in silicone da inserire nel reggiseno e che potrà essere indossata a distanza di circa due mesi dall’intervento.
Dopo tutti questi anni trascorsi eseguendo interventi così delicati quale messaggio vorrebbe lanciare?
Ci tengo particolarmente ad esprimere una mia riflessione personale.
La chirurgia ricostruttiva in questi anni ha fatto passi da gigante, ma la sua base è la chirurgia plastica estetica, senza la quale niente sarebbe stato possibile.
Quindi trovo sbagliato demonizzare tale branca, troppo spesso considerata appannaggio di persone superficiali che “vanno sotto i ferri per pura vanità”. Senza queste persone che si sono sottoposte negli anni ad interventi di chirurgia estetica e attraverso le quali noi abbiamo potuto sperimentare e acquisire manualità, abilità e competenza, le donne malate di cancro al seno, oggi , non potrebbero godere di così tante valide opzioni terapeutiche.
Le mie considerazioni
C’è poco da dire rispetto a questo tema, se non ringraziare tutti coloro i quali si impegnano quotidianamente sia nel campo della ricerca per rendere il cancro della mammella sempre più curabile, attraverso metodiche di diagnosi e cura, sia nel campo della chirurgia ricostruttiva che consente di migliorare la qualità di vita delle donne sia sotto l’aspetto fisico che psicologico.
Perchè se la prima speranza di ogni donna che si trova ad affrontare un tumore al seno è quella di guarire, la seconda è quella di riuscire a preservare un aspetto importante della propria identità femminile.
E se le terapie oncologiche hanno portato al 90% le probabilità di guarigione, con una riduzione della mortalità del 38% negli ultimi 20 anni, la chirurgia ricostruttiva ha avuto progressi paragonabili.
Un impulso notevole a tutto ciò fu dato dal prof. Veronesi che negli anni ’80 si battè strenuamente per utilizzare la quadrantectomia che ad oggi risolve la maggior parte dei casi grazie a diagnosi sempre più precoci che identificano il tumore in fase iniziale. Come diceva il professor Veronesi già negli anni Ottanta: nessuna donna dovrebbe mai uscire dalla sala operatoria con un solo seno.
E quella che allora era una metodica inusuale e vista con scetticismo, oggi è invece una pratica routinaria in tutti i grandi di centri ospedalieri.
Questi sono gli uomini che amano le donne veramente .
Un grande ringraziamento a tutti loro da parte di noi tutte, è assolutamente doveroso. Grazie Grazie Grazie
Messaggio personale a tutte la amiche.
Non dimenticate MAI la PREVENZIONE. Ogni anno mammografia ed ecografia, dopo i 50 anni. E’ sufficiente spendere mezz’ora del nostro tempo una volta all’anno. E quella mezz’ora può salvarci la vita.
NON DIMENTICHIAMOLO MAI.